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Transnistria: la nuova provocazione ucraina



Tra manipolazione dell’informazione e generici appelli alla pace ci avviamo alla guerra vera. Per arrivarci si moltiplicano le provocazioni.


Da ieri dovrebbe essere chiaro a tutti che la Nato e un’incosciente classe politica europea ci stanno portando alla guerra. Per un anno i media e i politici ci hanno raccontato che “solo l’Ucraina deciderà se trattare” e invece a respingere le proposte cinesi per un negoziato sono stati Biden, Stoltenberg e il fantoccio Borrell prima ancora che Zelensky si pronunciasse “interessato”.

Ci hanno detto che le armi servivano solo per difendere l’Ucraina e costringere la Russia alla trattativa, oggi invece ci hanno finalmente svelato quello che è sempre stato l’intento iniziale della comunità guerrafondaia: “la Russia deve essere sconfitta” e quindi via con altre armi e escalation ben sapendo che una potenza nucleare non può essere sconfitta, che Crimea e Donbass difficilmente potranno essere recuperati. Insomma, ci hanno fatto capire che quello che ci raccontano ogni giorno è pura falsità. Ogni analista indipendente ci spiega da mesi, che l’Ucraina sta perdendo la guerra, che i russi avanzano nel Donbass lentamente ma inesorabilmente come è loro tradizione bellica, che le perdite ucraine sono ingenti mentre quelle dei russi sono tra un terzo e un quarto di quelle, che la situazione per il regime ucraino è tale da dover rastrellare uomini e ragazzi nelle strade e nelle case (su telegram un gran numero di filmati, alcuni strazianti) per arruolarli di forza.

Ce lo spiegano anche due nostri militari, il Capo di Stato Maggiore Giuseppe Cavo Dragone (La Stampa) e Fabio Mini (Il Fatto): “Non esiste soluzione militare a questo conflitto”, pena “il passaggio alla guerra aperta della Russia… con molta probabilità contro il resto d’Europa. E questa volta Kiev e le maggiori città ucraine ed europee non sarebbero risparmiate…”.


Le provocazioni

Finora il fantoccio Zelensky, nel suo delirio ultranazionalista, le ha provate tutte per fare intervenire la Nato e scatenare la guerra mondiale ( ricordate il missile “russo” in Polonia, i missili “russi” su Moldavia e Romania, gli attacchi di droni sul territorio russo, l’attribuzione ai russi del sabotaggio al North Stream, i colpi di artiglieria sulla centrale nucleare di Enhergodar, ecc.?). Ora, con il consenso Nato, tenta un’ultima provocazione che ci può portare alla guerra mondiale nucleare: da alcuni giorni infatti sono state divulgate dai media occidentali notizie di presunte minacce di colpo di stato filorusso in Moldavia (voci smentite dal governo moldavo e respinte dalla Russia che non ha alcun interesse ad aprire un nuovo fronte, soprattutto dove è sguarnita di truppe); contemporaneamente al montare della tensione in Moldavia si segnala un movimento di truppe ucraine dalla regione di Odessa verso la Transnistria, la striscia di territorio autonomo moldavo a forte presenza russofona e presidiata per pregressi accordi da una esigua guarnigione russa, circa 1500 uomini (meno di una brigata) intorno a un’unica base militare risalente alla presenza sovietica. Si suppone che vi siano stivate anche alcune vecchie testate nucleari. Se si manifestasse un piano di offensiva ucraina contro la Transnistria, con l’incubo che la soldataglia nazista si scateni contro la popolazione (come nel Donbass dal 2014), e contro quella guarnigione russa, isolata dal teatro di guerra orientale e difficilmente rinforzabile, per ottenere un facile successo propagandistico o, peggio, per impadronirsi delle testate nucleari, la risposta russa, dicono diversi analisti, in mancanza di alternative, potrebbe essere un ordigno nucleare tattico a bassa potenza. Con le conseguenze imprevedibili del caso per cui non si escluderebbe un intervento delle forze Nato da Romania e Polonia o una risposta nucleare della Nato, o chissà cosa altro.


Ma non basta. Manovre torbide sembrano disegnarsi nei lati oscuri del conflitto. Nei giorni scorsi la Russia ha denunciato l’arrivo nelle retrovie ucraine di un convoglio ferroviario carico di sostanze chimiche e ha ammonito a non ricorrere a quel tipo di guerra pena grave punizione per i responsabili. Una accusa plausibile considerando le condizioni critiche delle forze ucraine sul campo di battaglia.

Il sospetto russo potrebbe essere corroborato da un grave incidente ferroviario accaduto intorno al 20 febbraio presso East Palestine, Ohio, dove un deragliamento notturno ha causato misure di sicurezza estreme e secretate per il contenuto degli ultimi cinque vagoni-container, un composto liquido a base di cloro registrato come “cloruro di vinile”. La sostanza è stata prontamente versata all’esterno per evitare che il surriscaldamento e la compressione ne provocassero l’esplosione e incendiata in una fossa di combustione da cui si è sprigionata una colonna tossica di fumo nero che ha avvolto l’intera Contea. Dai rilevamenti dell’Epa (l’ente americano per la protezione ambientale) nel fumo si è riscontrata la presenza di cloruro di vidilene, componente base del fosgene, un derivato ad alta intensità del cloruro da cui si ottiene l’iprite, o “gas mostarda”, impiegata nella Prima guerra mondiale e nell’ Iraq di Saddam Hussein contro i curdi. Fonti indipendenti (https://rense.com/general97/chemical-weaponry-destined-for-ukraine-ignited-in-east-palestine.php) sostengono che quelle cisterne fossero trasportate segretamente e destinate all’arsenale di armi chimiche di Edgewood, situato nell’Aberdeen Proving Ground dell’esercito sulla costa del Maryland, per essere trasformato in fosgene da iniettare negli appositi contenitori e da trasportare oltreoceano, forse (ma dove altrimenti?) in Ucraina dove verrebbero collegati a bombe e proiettili di artiglieria. Magari da usare per accusare i russi di utilizzare armi chimiche e chiedere un intervento Nato.

Se i due episodi fossero collegati, la denuncia dei russi avrebbe buona conferma.


Sono quindi ore cruciali queste che stiamo vivendo ma non sembra che ce ne rendiamo conto: siamo ostaggi di una classe politica europea “priva di scrupoli e di visione, di burocrati senza responsabilità” (Mini) e di un “pensiero unico” bellicista che esonda da ogni mezzo di informazione; siamo spettatori di un pacifismo generico che non tiene conto della realtà, che invoca pace e negoziati ma non dice su che basi, che dice no alle armi ma sfila con bandiere ucraine, dimostrando una confusione di idee massima. E’ un pacifismo mistico che adora la parola “pace” come un’icona, incapace di capire che per risolvere una guerra si deve partire da proposte e soluzioni concrete e costringere i propri governi ad attuarle. Viviamo una situazione simile a quella degli anni della Belle Epoque quando l’Europa si godeva una vita spensierata mentre il tuono sinistro dei cannoni si faceva sempre più vicino. (28.2.2023)



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