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Non si usi a sproposito la memoria di Bianca Guidetti Serra


Il 16 dicembre scorso su La Stampa compariva un breve articolo di Paolo Borgna, amabile gentleman, ex magistrato e presidente dell’Istituto Storico torinese della Resistenza, dal titolo “Da antifascista difendo anche i diritti del Fuan” in relazione alla protesta degli studenti universitari contro la presenza dei neofascisti al campus Einaudi con affermazioni riguardanti mia madre Bianca che richiedono chiarimento. Ho inviato al giornale un comunicato per rispondere pubblicamente a Borgna sull’argomento ma, come purtroppo temevo, quella risposta non è mai stata pubblicata. La affido oggi alla rete perché come famiglia teniamo a che la memoria di Bianca sia tramandata correttamente e non usata impropriamente.

Fabrizio Salmoni. 26.12.2023

 

L’amico Borgna scrive di un presunto “rimprovero” di Bianca all’antifascismo militante (degli anni Settanta?) come un mito “falsamente conservato “, due parole, a suo dire, estrapolate dalla sua autobiografia (che in realtà è una biografia). Ebbene, è un “rimprovero” che da lei non ho mai sentito formulare e non possono comunque essere due parole totalmente fuori contesto a distorcere il pensiero e l’atteggiamento personale di Bianca in tema di antifascismo.

Bianca non amava certo la violenza perché ne aveva vista abbastanza durante la guerra di Liberazione ma era perfettamente consapevole del ruolo che i fascisti, parlamentari ed extra, avevano nel più ampio scontro sociale del decennio 1967-1977 e contro il quale i governi democristiani con i suoi apparati e il fronte industriale conducevano una guerra senza scrupoli. Le stragi, i tanti omicidi nelle piazze, l’utilizzo dei fascisti contro i picchetti operai e le scuole sono fatti storici innegabili che non bisognerebbe dimenticare. Ed era pienamente consapevole della dolorosa ineluttabilità della violenza in una fase storica che vedeva un durissimo scontro tra le classi. Non per altro ha per tutta la sua carriera difeso in tribunale i protagonisti di quella stagione di lotte sociali e da quelli è ancora amata e ricordata.

Si rendeva conto con preoccupazione (per i più deboli) che quello scontro nelle fabbriche e nelle piazze comportava anche la necessità di adottare forme di autodifesa da parte di chi il fascismo lo contrastava in nome della Costituzione repubblicana. La stessa invocata da Sandro Pertini a Genova nel luglio 1960. Ricordiamoci le sue parole: ”…Io nego…la validità dell’obiezione secondo la quale il neofascismo avrebbe diritto di svolgere il suo congresso. Infatti ogni atto, ogni manifestazione, ogni iniziativa di quel movimento è una chiara esaltazione del fascismo e poiché il fascismo è considerato reato dalla Carta Costituzionale, l’attività dei missini si traduce in una continua e perseguibile apologia di reato…”.

Qualcuno potrà dire che i tempi sono cambiati e che la Costituzione andrebbe cambiata o, come fa evidentemente Borgna, interpretata con flessibilità a seconda delle fasi storiche. Libero di farlo in nome di un antifascismo imbelle e di un conformismo di circostanza in un’attualità diversiva come quella che stiamo vivendo in cui tutti hanno diritto a tutto. Ma tanti fascisti di quel decennio ce li troviamo al governo, beffardi vincitori di elezioni in un’Italia rancorosa, malata, vogliosa di cancellare storia e memoria, e ritroviamo le stesse organizzazioni fasciste di allora protette dalla polizia che cercano illegittimamente spazio politico. Niente di nuovo, per chi ha memoria. Ma non si cerchi di strumentalizzare il pensiero di Bianca per legittimare un pensiero neutro in materia di fascismo e antifascismo o addirittura di delegittimare le migliaia di antifascisti che in quel decennio hanno pagato il loro impegno con morti, processi e incarcerazioni.

Bianca, insieme agli ex partigiani Quazza, Galante Garrone, Mussa Ivaldi, Carla e Paolo Gobetti, e a tutti quelli che diedero vita al Comitato Unitario Antifascista torinese fu parte integrante di quel fronte popolare che nella nostra città riuscì per qualche anno a togliere agibilità fisica e politica ai fascisti. E nel 1974 fu tra i firmatari dell’appello per la messa fuorilegge del Msi insieme a Gastone Cottino, Norberto Bobbio, Giangiulio Ambrosini, Primo Levi, Leonardo Mosso, Detto Dalmastro, Giuseppe Reburdo, Nuto Revelli, oltre ai sopracitati Galante Garrone e Mussa Ivaldi.

I nostri ragazzi dell’Università quando contrastano i fascisti non fanno altro che continuare l’opera dei loro genitori o nonni ed esercitare un dovere costituzionale. Lo stesso dovrebbero fare la Questura, i magnifici Rettori, e una sinistra di cui si è persa traccia.

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