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Tav. Nuove riflessioni sulla fase: integrare le azioni di contrasto con l’iniziativa “non violenta”

Contributo pervenuto e volentieri pubblicato


Le recenti azioni di protesta condotte durante il weekend del Festival Alta Felicità in Val Susa dovrebbero indurre il Movimento No Tav a nuove riflessioni sulla questione della forza. Può giovare a questo proposito riprendere alcune osservazioni contenute nel documento del Comitato Gronda del 2020 in cui si criticavano diversi aspetti del dibattito interno in una fase di evidente riflusso della partecipazione e, nello specifico, sulle forme di lotta. In quel documento, allora letto da molti ma snobbato da capi e capetti, si diceva per esempio “Possiamo accettare o creare momenti di scontro sul terreno o in occasioni di nostra scelta ma con la consapevolezza che l’apparato militare dello Stato è un ostacolo insormontabile quando non è sottoposto a forti pressioni da parte dell’opinione pubblica…”. Quella affermazione è ancora più vera oggi in presenza di controlli e di tecnologie avanzate per condurre le forze di repressione alla più facile individuazione dei singoli. Si tratta dunque di adeguare le forme di lotta alla forza politica del Movimento contro le Grandi Opere in Valle e nel Paese.


Nelle azioni dello scorso weekend si sono visti miglioramenti per contrastare i riconoscimenti, per tenere a distanza le truppe e per infliggere danni materiali alle infrastrutture ma, se sul piano politico, il movimento è riuscito a tornare protagonista della cronaca e a far sapere di essere vivo, sul piano dei risultati pratici, come ha dichiarato il neo direttore Telt Bufalini, si rimane a zero: i cantieri proseguono indisturbati. Come dunque andare oltre? Se consideriamo in via preliminare che la contrarietà all’Opera non sia mai venuta meno tra la popolazione e tra le comunità in lotta del Paese e che quindi rimanga pressochè intatto, benchè meno espresso in termini di partecipazione attiva, il sostegno alla lotta, sono necessarie alcune riflessioni Se vengono escluse forme avanzate di sabotaggio, già sdoganate da tempo dal Movimento, ma difficili e rischiose da mettere in atto, non resta che ricorrere alla combinazione coordinata delle forme di contrasto di massa praticabili e accettabili da gran parte della gente, mai applicate efficacemente efficacemente per le differenti sensibilità e attitudini delle componenti “pacifiste”e di quelle “combattive”. Una differenza che nel tempo ha causato diffidenza se non distacco o qualche grado di insofferenza, e quindi di efficacia, sulle azioni dirette ai cantieri.


E’ opinione diffusa che la fase del post 2011, delle marce “pacifiche” con sporadiche, rituali e prevedibili azioni dirette ai margini sia terminata e non dia prospettive di avanzamento; che negli anni sia mancato un apporto concreto e creativo delle componenti “pacifiche” per creare disagi, ostacoli, malfunzionamenti della macchina logistica dei devastatori; che la partecipazione attiva e di massa di quei settori di popolazione possa essere fondamentale per la comunicazione con un’opinione pubblica portata dai media a sentire le forme di protesta “non violente” come accettabili. Certamente non prive anch’esse di rischi per chi le pratica, come si vede quotidianamente per le azioni dei giovani ambientalisti o per i picchetti operai alla Raspini o all’Esselunga , ma in misura molto minore in sede giudiziaria di un lancio di pietre, e rispettose, al contempo, del principio di proporzionalità tra minimo rischio e massimo risultato.


Riconsiderare il contributo di ampie ma efficaci mobilitazioni “non violente ” potrebbe portare vantaggi sul piano della propaganda e un riavvicinamento tra l’ampia componente cattolico/pacifista, rimasta per lungo tempo passiva, e quella “antagonista” col risultato di ravvivare la coesione collettiva e moltiplicare l’iniziativa sul terreno. Nonché di soddisfare le pulsioni etiche e spirituali di molti. Si ritiene che, per esempio, dei sit-in di massa che blocchino o provochino disturbo ai cantieri o ad altre sedi operative del progetto Tav possano contribuire a una nuova fase offensiva di qualche efficacia per riportare la Valle sulla mappa delle grandi mobilitazioni e rinnovare problemi, contraddizioni, ritardi e insicurezza nella controparte. Ai pacifisti dunque la parola e la fantasia per rinsaldare il fronte di lotta.


Valle, 4.8.2023

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