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Siamo disposti a morire per l’Ucraina?


di F. Salmoni


Questa è la domanda che dobbiamo porci di fronte alle pressioni mediatiche della propaganda atlantista.


Abbiamo letto le ennesime dichiarazioni di Zelensky: “Almeno sei regioni sono al freddo e al buio, non abbiamo più generatori (infatti li chiediamo alla Nato), i russi ci stanno distruggendo tutte le infrastrutture e le fonti energetiche, MA STIAMO VINCENDO”. L’evidente contraddizione è un segno paradossale che quell’uomo è malato di fanatismo e prigioniero del suo ruolo di propagandista della causa e del regime ultranazionalista che rappresenta. Forse addirittura comincia a denunciare qualche scompenso mentale.


Tutti coloro che seguono la situazione bellica tramite le più svariate fonti indipendenti sanno che i russi stanno lentamente riprendendosi i territori nell’est che avevano perduto con la controffensiva ucraina di settembre-ottobre e che il ripiegamento tattico sulla riva sinistra del Dnieper aveva senso dal punto di vista militare per rafforzare la difesa dei confini dei territori di congiunzione alla Crimea e quindi per avere un fronte solido garantito dalla barriera naturale del fiume e posizioni da cui inchiodare gli ucraini sulle macerie di Kherson.


Da pochi giorni sappiamo inoltre che la Nato sta esaurendo le scorte di armi, (potete solo immaginare la quantità di armi inviate in Ucraina fin dal 2014, cioè da ben prima dell’invasione russa?), che gli americani cominciano a innervosirsi per le continue imperiose richieste, e che per bocca della Von der Layen (notizia del 30 novembre) le perdite militari ucraine ammontano a OLTRE 100.000 uomini (svista o autorevole soffiata?) (1). Sappiamo anche che è in corso un’evacuazione da Kherson di quelle poche migliaia di ucraini (10-15.000) che non hanno seguito i 120.000 oltre le linee russe, che il regime sta “incoraggiando” i cittadini a evacuare le zone invivibili (almeno sei regioni e mezza Kiev), esodi che, dicono gli analisti, potrebbero interessare almeno cinque milioni di persone verso un’Europa già sofferente per le sanzioni autoinflitte che non è pronta ad accoglierle; sappiamo che l’Ucraina è un Paese semidistrutto e già fallito finanziariamente come Stato, e avrebbe già perso la guerra a giugno se non fossero arrivate ancora armi dall’Occidente. Be’ se questo è un Paese che sta vincendo lasciamo al senso comune di giudicare.


Quella dello “stiamo vincendo” è una litania che i media mainstream ripetono da quando si erano eccitati per la controffensiva nell’est. A sentire loro, gli ucraini non hanno mai smesso di “controffendere”. E’ un discorso amaro quello sui nostri media (talk show compresi) che appaiono completamente asserviti all’ala bellicista della Nato e dedicati alla propaganda di guerra. Lo dimostrano diffondendo solo le veline degli ucraini, richiedendo a ogni interlocutore di premettere sempre che “C’è un Paese invasore e uno aggredito” , un mantra dovuto per avere dignità di parola, e interrompendo a ripetizione le risposte non gradite; naturalmente è vietato contestualizzare con la narrazione dei 14.000 morti nel Donbass dal 2014 provocati dalla soldataglia neonazista o dell’estensione della Nato oltre qualsiasi assicurazione precedente ai confini della Russia. Si parla della propaganda russa contrapponendola alla nostra “libera stampa” ma di fronte alle performance dei vari Mentana, Merlino, ecc. viene spontaneo pensare che la differenza sia minima tra i due sistemi di informazione. Provate voi a dire pubblicamente che forse la Russia non ha tutti i torti. Orsini ne sa qualcosa pur avendo uno status che parzialmente lo protegge. Provate a ricordare pubblicamente che la Nato nel 1999 ha bombardato la Serbia, Paese sovrano, per ben 90 giorni costringendola ad accettare l’indipendenza di una sua provincia secessionista, tanto per dirne una (2).


In realtà, ciò che salta agli occhi è che la guerra in Ucraina sancisce la rottura del capitalismo globalizzato e prefigura la creazione di un sistema capitalistico alternativo con l’abbandono del dollaro, la separazione delle risorse energetiche, la differente gestione delle risorse umane (leggasi sfruttamento), con conseguenti ricalibrazioni dei “valori” e perdita di influenza e potere economico dell’Occidente (Usa in testa).

Questo è quanto si vuole impedire cercando la sconfitta della Russia. Questa è la vera posta di un gioco sulla pelle degli ucraini. Un obiettivo difficilmente realizzabile nei confronti di una nazione, la Russia, che ha ampia capacità di aggregare interessi e soprattutto è una potenza nucleare che non accetterebbe una capitolazione senza reagire. Questo lo sanno tutti ma la lobby militarista europea e atlantica sembra ancora decisa a sostenere le farneticazioni di Zelensky e a tentare la carta militare fino in fondo.

E Zelensky fa di tutto per trascinarci alla guerra mondiale con le sue provocazioni (il missile in Polonia, l’interferenza in Bielorussia, i droni esplosivi sulle basi aeree strategiche russe). Fino a quando i suoi militari sono disposti a sostenerlo? Qualcuno ci potrebbe dire se c’è un qualche dissenso nel gruppo dirigente ucraino? Quanto sostegno sociale rimane al regime con un paese distrutto e la gente al freddo e alla fame (trapelano notizie di proteste popolari a Odessa)? Quanto siamo disposti noi a pagare o a morire per quel regime? Sarebbe opportuno costringerlo alla resa prima che ci pensino i suoi con altri mezzi. (F.S. 15.12.2022)



(1) Affermazione subito cancellata dai file del discorso a seguito di rimproveri ucraini che non hanno mai divulgato le cifre delle perdite ma che si affrettano a correggere in 10.000/13.000 perdite, cifra che nessun analista condivide. Smentendo lo stesso Zelensky che nei giorni della controffensiva aveva accennato a numeri “da 500 a 1000 al giorno”. Facendo la media con i giorni di guerra, la cifra della Von der Leyen si avvicina per difetto alla realtà. Del resto, un riscontro indiretto proviene dall’analisi delle rispettive tattiche delle due parti avversarie: gli ucraini attaccano a folate di mezzi misti pesanti e leggeri insieme alla fanteria (battaglioni tattici) mentre i russi ne fanno strage con l’artiglieria per poi eventualmente contrattaccare quando l’attacco si sfalda o rifluisce. La prossima probabile caduta di Artemiosk (Bakmut) potrebbe essere un colpo fatale per il morale del paese.

(2) A chi è attento non può sfuggire la preoccupante sequenza di manipolazione mediatica che con il governo Draghi e la pandemia ha alzato il livello di manipolazione e controllo massifico sull’opinione pubblica. Nel nostro “libero Paese” chi si sottrae al “pensiero unico”, a torto o a ragione, viene in qualche modo penalizzato o punito.

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