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Usa. Un golpe mancato


Dai pochi dettagli a disposizione, è evidente che il 6 gennaio fu avviato il primo atto di una cospirazione. Comportamenti anomali e qualche ora di vuoto di potere. Poi Pence tradisce il suo Presidente e il Presidente tradisce il suo popolo. Quale America ci lascia?

di Fabrizio Salmoni

Non è stata un’insurrezione ma le dinamiche che hanno portato all’assalto al Capitol a Washington sono simili ai preludi ai colpi di Stato. Il nostro ricordo va alle manifestazioni dei commercianti e allo sciopero massiccio dei camionisti cileni dell’autunno 1973, che più tardi si seppe finanziato dalla Cia, che furono pretesto ultimo per l’intervento miitare contro il legittimo governo di Allende. Più recentemente, ricordiamo le manifestazioni della piccola borghesia e dei sottoproletari venezuelani istigate dal capo dell’opposizione Guaidò, sostenuto con sanzioni e dollaroni dagli Usa, per dare una spallata al governo Maduro e persuadere l’esercito a rovesciarlo. I meccanismi delle trame del Potere sono sempre le stesse, c’è poca fantasia: suscitare eventi popolari per dare legittimità a un’iniziativa illegittima ma “giustificata” dalle circostanze e “richiesta dal popolo”. I fatti di Washington sono ormai stati descritti a iosa da tutti i media ma richiedono profonde riflessioni e una corretta informazione per poterne valutare appieno la portata e la pericolosità.

L’evidenza dice che un Presidente affetto da delirio paranoico, ignorante e irrispettoso delle regole istituzionali ha incitato una folla a marciare sul Capitol nell’estremo esplicito tentativo di bloccare i lavori delle Camere congiunte che dovevano sancire l’esito delle elezioni. Una dimostrazione di forza che prevedibilmente non poteva però bastare. Sicuramente un atto eversivo ma doveva esserci altro.

L’ “altro” è stato fotografato, e finora poco rilevato dai media e dai commentatori, da uno spazio temporale di qualche ora in cui è stato evidente un vuoto di potere e da alcuni fatti precedenti alla manifestazione. Proviamo a individuarli.

1. Il giorno prima danno le dimissioni alcuni alti funzionari della Casa Bianca, capi dello staff e la speaker della First Lady. probabilmente sanno cosa dovrebbe succedere e, a buon conto, lasciano la nave. Meglio non fidarsi.

2. Fin dalla sera precedente, il sindaco di Washington, signora Bowser, nera e Democratica, che negli Usa è l’autorità di polizia locale e nel Distretto di Columbia, capo del ramo esecutivo del governo del Distretto stesso, non mobilita i reparti antisommossa malgrado la situazione di evidente gravità che stava maturando (una manifestazione aggressiva in concomitanza con la seduta parlamentare e nei pressi del Capitol dove è vietato portare armi);

3. lo stesso sindaco, malgrado le sollecitazioni per chiamare la Guardia Nazionale, esita fino all’ultimo e dichiara infine di chiederne l’intervento “disarmato” (si è mai visto?), ma senza poi procedere.

4. I capi della Sicurezza del Capitol (oggi tutti dimissionari) non rinforzano le misure interne ed esterne. L’atteggiamento di diversi degli stessi agenti nei confronti dei manifestanti che invadono il Congresso è evidentemente morbido se non complice: sfoggiano ma non usano manganelli (si scambiano pugni, calci e spintoni), uno viene fotografato mentre si fa un selfie con un dimostrante. A noi ricorda i poliziotti che si tolgono il casco alle manifestazioni dei Forconi. Poi uno di quelli barricati nell’aula e pressati dai dimostranti che forzano le porte perde il controllo e spara facendo la prima vittima della giornata.

5. Nel frattempo in città si forma un corteo antiTrump che si avvia verso il Capitol. Tardivo ma al momento simbolicamente importante. Si profila un possibile scontro nelle strade

6. A questo punto, le pressioni dei congressisti assediati e scappati nei rifugi riescono a costringere il vicepresidente Pence a chiamare il Pentagono per mobilitare la Guardia Nazionale che arriva in pieno assetto intorno alle ore 15 e decreta il coprifuoco dalle 17. Un cedimento evidente di Pence, non certo un cuor di leone, che Trump aveva indirettamente esortato a “fare il suo dovere al Congresso, se no non mi piacerà più tanto...”. Ora tradisce.


Tutto questo e forse ulteriori dettagli che verranno sicuramente alla luce, dicono che ci fu un momento cruciale di poteri vacanti, uno di quei momenti in cui gli equilibri sono precari e possono cedere da una parte o dall’altra, quelli che determinano gli eventi storici se le opportunità vengono prese tempestivamente e con polso.

Ma è qui che si inceppa tutto. Trump capisce che è andata male e tenta goffamente di richiamare la folla dopo averla aizzata. Si rinchiude alla Casa Bianca in preda a rabbia e paura, sente che si prospettano accuse pesanti di sedizione, incitamento all’insurrezione armata, voci di impeachment e di 25mo Emendamento. Biden, che prima di essere confermato dal Congresso gli aveva rivolto un appello quantomai moscio a smettere di fare il cattivo, ora finalmente parla di insurrezione e di punizioni. Lui ci pensa, incassa altre dimissioni e il 7 sera concede la vittoria di Biden.

Ora pensa a come cavarsela ma sa che lo aspettano tempi duri: accuse di frode fiscale, di tentata estorsione nei confronti del procuratore Generale della Georgia, ulteriori accuse e indagini a breve per la giornata del 6 gennaio, un Partito Repubblicano che lo ha mollato, i social interdetti. Si era preparato una fuga in Scozia, come un qualsiasi tiranno del Terzo Mondo, ma l’ingresso nel Regno Unito non gli è stato concesso. Forse dovrà scappare altrove (Brasile?). Si è giocato malamente tutto. Fra 10 giorni sarà solo e con un pendente mandato di cattura dell’Iran per l’assassinio del generale Soleimani, tanto per farlo vivere tranquillo…E lo stigma che gli brucia più di qualsiasi insulto: essere un “loser”, un perdente.

Cosa rimarrà di lui? Un Partito Repubblicano spaccato e in crisi, dei figli che purtroppo cercheranno di rientrare in politica, un Deep State mai intaccato, una base di seguaci pericolosi che si sfogheranno con qualche scontro armato e qualche attentato, una brutta ferita alle regole istituzionali e all’immagine degli Stati Uniti, un corpo sociale diviso, le tensioni razziali al massimo, quasi 300.000 morti di Covid per una politica negazionista sciagurata, un elettorato bianco che teme di diventare minoranza etnica e rivendica i “valori del passato”, quelli buoni, magari mal declinati, e quelli cattivi come le “sane leggi del capitalismo” che, complice lo stesso Trump, li hanno impoveriti. Chissà se si accorgeranno di essere anche stati manipolati e traditi.

Si temeva una seconda guerra civile: non ci sarà. La nazione è divisa ma non su linee sezionali, di classe o omogenee. Gli eventuali focolai saranno repressi. In compenso,aumenterà la sfiducia verso un sistema politico bloccato su due partiti che hanno fatto il loro tempo ma per ora non ci sono alternative. L’America ha i suoi anticorpi (Dio e Patria) che, piaccia o no, funzioneranno fin quando non si evidenzierà un ulteriore decadimento economico o qualche trasformazione epocale o il quadro geopolitico mondiale non muterà indebolendola. Poi si vedrà.

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