L’inquietante progetto del World Economic Forum. Quale “progresso”?
Elaborato dalla conferenza tenuta da Fabrizio Salmoni il 31 marzo presso l’associazione Alvise di Alpignano
Si fa un gran parlare in questi giorni di Intelligenza Artificiale e Chat GPT, si è improvvisamente manifestata una realtà finora rimasta sotto traccia per il grande pubblico. Una materia bella tosta da comprendere e assimilare per chi si distrae con la cronaca quotidiana e le sue beghe senza l’abitudine di collegare i punti dei tanti scenari che insieme compongono disegni coerenti.
E quindi eccoci qui a misurarci, con qualche fatica, con un aspetto dirompente del cosiddetto “progresso”, quello tecnologico, dominante per il peso che ha e avrà sul futuro nostro e di quelli che verranno dopo di noi. I più attenti alle cronache già sapranno che la Chat GPT è la prima piattaforma di dialogo tra noi e un’intelligenza artificiale ad essere immessa sul mercato, ma ce ne sono già un altro paio meno chiacchierate, ma tutte già testate da tempo indefinibile negli apparati della sicurezza nazionale e in rapido sviluppo.
Gli informatici che ho interpellato non sembrano preoccupati, almeno per ora. Dicono che non è altro che un software di sintesi e ricerca delle informazioni che gli vengono inserite. Ma forse ne sottovalutano le potenzialità in prospettiva. Persino il suo “creatore”, il 37enne Sam Altman, genietto californiano, gay e vegano, già milionario, confessa che sì, in effetti “l’IA è qualcosa di potenzialmente molto buono e al tempo stesso potenzialmente molto terribile” e dall’alto del suo patrimonio personale attuale di 300 milioni di dollari dice che il suo obiettivo è “creare una macchina capace di comportarsi esattamente come il cervello umano, e un nuovo ordine mondiale in cui le macchine liberino le persone dai lavori ripetitivi per valorizzare la loro creatività”. E suggerisce di introdurre “un salario di base per tutti, cosi da compensare le centinaia di milioni di mestieri che andranno perduti”, prospettiva confermata da Goldman Sachs che a fronte di “più tempo libero per tutti” e di un aumento del Pil globale del 7% nei prossimi dieci anni, prevede la scomparsa di 300 milioni di posti di lavoro nel mondo. Poi si vedrà.
Allo stato attuale, il dibattito sulla IA non va molto oltre una banale disamina dei pro e dei contro. Se tra i Pro si citano i tanti nuovi lavori specialistici indotti dalla tecnologia e le potenzialità delle mansioni dell’elemento artificiale, rassicurando allo stesso tempo sulla presunta incolmabile distanza con le multiple straordinarie funzioni del nostro cervello, giudicate insostituibili, dall’altra c’è chi affronta la questione in termini realistici. Come Ted Chiang, uno dei più famosi autori viventi di fantascienza intervistato dal New York Times: “Molte delle paure (sull’IA , nda) sono più comprensibili se pensiamo al modo in cui il capitalismo userà la tecnologia contro di noi. E tecnologia e capitalismo sono così strettamente intrecciati che è difficile distinguere le due cose…E c’è molto da preoccuparsi quando è lo Stato a controllare la tecnologia”. Introducendo così il problema fondamentale, quello del controllo, cioè dell’allineamento dell’IA agli interessi del proprio proprietario (oggi Microsoft, Google, Meta…), cioè di chi possiede le chiavi del codice. Segue a ruota la questione etica: se l’IA viene applicata in prima battuta al settore commerciale, diventa evidente la funzione di persuasione e manipolazione specie se facilitata dall’accesso ai dati di un’enorme massa di utenti su scala mondiale e utilizzata, per esempio per campagne politiche. E la concorrenza tra soggetti controllori, quante “verità” diverse o contrastanti potrà creare? Questo, se ci pensiamo, è un meccanismo già in funzione con i social in cui la pluralità di opinioni e versioni di una notizia, sovente fuori contesto, producono disinformazione, incertezza, confusione, assuefazione, apatia in un corpo sociale sempre più incapace di distinguere la verità, di reagire o di ribellarsi. Cosa potrà accadere quando l’IA sarà anche in grado di elaborare anche emozioni o quando, come già annunciano alcuni futuristi, potranno eguagliare o superare, sempre su modelli precostituiti dall’uomo, l’intelligenza umana?
E’ il matematico Piergiorgio Odifreddi che prova a discernere i maggiori rischi dell’IA: “che i programmi finiscano per fare cose non previste dal programmatore;… la possibilità che l’IA superi l’intelligenza umana e prenda il sopravvento…” rimarcando da laico che “la coscienza umana è solo un epifenomeno che sorge spontaneamente in un cervello che ha raggiunto la massa critica”. La sua conclusione è quindi che “quando anche l’IA raggiungerà una massa critica saremo di fronte a una nuova specie tecnologica, con i propri valori, che potrebbero essere in competizione con i nostri”.
C’è chi, come il vecchio Kissinger, ex anima nera del Potere capitalista, si lascia andare a inquietanti profezie: ” Dobbiamo iniziare a preoccuparci di come l’uso e l’abuso delle IA potrebbero cambiare la natura umana nella sua essenza e trasformarci in una specie nuova, un inquietante ibrido biotecnologico. Senza contare il pericolo per la democrazia, fin qui cosi ben custodita e amorevolmente protetta dagli esseri umani” e pone una domanda spiazzante: “Qual è lo scopo della nostra specie?” Cosa lo fa parlare così? E’ la paura senile del nuovo, dell’ignoto o perché SA più di tanti altri cosa bolle in pentola per aver frequentato per tutta la vita i club più esclusivi del potere mondiale? Uno in particolare, ultimamente.
Nel maggio 2020 un nuovo personaggio si è esposto alle cronache per un messaggio un po’ oscuro in un inglese storpiato da un terribile accento francese. Si tratta di Klaus Schwab, presidente svizzero del World Economic Forum (WEF), con sede a Davos, Svizzera, un consesso di leader mondiali, tra cui re Carlo d’Inghilterra, finanziato da tutte le maggiori corporation, che si dicono interessati al PROGRESSO dell’umanità. “La pandemia rappresenta una rara ma stretta finestra di opportunità per riflettere, ri-immaginare, resettare il mondo” ha detto Schwab proponendo agli stakeholders (membri e sostenitori finanziari ) “una rivoluzione globale” basata sulle nuove frontiere della tecnologia e su “nuove forme di governo” per entrare definitivamente in una nuova era. Una quarta rivoluzione industriale in cui “i confini tra sfere fisiche, digitali e biologiche” siano sfumati, e caratterizzata da una fusione di tecnologie che includa “campi come l’intelligenza artificiale, la robotica, l’Internet of Things, i veicoli autonomi, la stampa 3D, la biotecnologia, la scienza dei materiali, l’accumulo di energia e il calcolo quantistico”. E’ il manifesto del Great Reset: un progetto di ristrutturazione del capitalismo e dell’intera comunità umana che assume come traino il mezzo tecnologico, da realizzare tramite un cambiamento dei sistemi di governance, economici, politici, culturali.
Secondo una degli stakeholders WEF, la danese Ida Auken, parlamentare e membro del Global Future Council on Cities and Urbanization (?), tutti i mali del mondo sarebbero risolti con la “fusione delle tecnologie”: malattie dello stile di vita, cambiamento climatico, migrazioni, degrado ambientale, inquinamento, disordini sociali e disoccupazione. Tutto in nome del PROGRESSO e naturalmente del profitto applicato ad ogni aspetto dell’esistenza.
Il messaggio di Schwab non è l’utopia di un vecchio e ricco visionario. La globalizzazione economico-finanziaria e i progetti di fusione tecnologica si sono messi in moto da anni per viaggiare di concerto con il neoliberismo economico. Il WEF ora propone di adeguarlo alla nuova era tecnologica. Se vogliamo, già la formula “rivoluzione globale” suona stonata. Avete mai sentito di una rivoluzione guidata dai ricchi? Quella prospettata da Schwab é una rivoluzione dall’alto, il contrario delle rivoluzioni che hanno fatto la storia moderna del mondo. Dietro all’elite di Davos compaiono attualmente 52 capi di Stato o di governo, 57 ministri dell’economia, 19 governatori di banche centrali, circa 2700 leader di organizzazioni internazionali e capi d’azienda. A finanziare il WEF ci sono tutte le maggiori corporation. Come si rapporta il WEF con gli altri, più datati club d’elite come Bilderberg, ecc.? Presumibilmente con sovrapposizioni di elementi chiave come già accade per es. tra Bilderberg e Trilateral.
Sul piano politico, la rivoluzione globale del WEF auspica “nuove forme di governo” ovvero il superamento dei governi nazionali, o per lo meno un loro ridimensionamento, sicuramente il loro controllo, qualcosa che fa pensare a un governo mondiale di tecnocrati e, sulla base di un presumibile “liberissimo mercato”, a una ridefinizione delle classi: un’ elite al vertice dedicata alla governance politica-economica-finanziaria, un’ampia classe (una nuova middle class?) di tecnici a cui affidare la gestione e l’avanzamento tecnologico, una fascia di addetti ai servizi (media e logistica), e un’enorme massa di consumo e di manodopera addetta ai lavori più dequalificati a condizioni di lavoro ed economiche di livello non precisabile .
Il 12 marzo scorso su La Stampa compariva una significativa intervista a certo ChemiPeres, presentato come managing partner e cofondatore di Pitango, il maggiore fondo israeliano di venture capital che gestisce più di 2,8 miliardi di dollari, e presidente della Ong Peres Center for Peace and INNOVATION (maiuscolo mio). Secondo Peres, “gli imperi della mente stanno crescendo a vista d’occhio mentre i governi stanno perdendo la capacità di essere efficaci…Credo che sempre più imprenditori e amministratori delegati guideranno e cambieranno l’umanità”.
Tutto piuttosto inquietante. Ma come pensano di realizzare un simile progetto gli oligarchi di Davos? Ovviamente con una propaganda che ne illustri con slogan adeguati gli aspetti positivi travestiti da Progresso inevitabile: libertà, diritti illimitati, traguardi ambientali, nuove forme di entertainment, disponibilità di straordinarie tecnologie. Guardare per credere i promo del Great Reset su youtube: sarete affascinati dalle promesse che vengono rappresentate: un mondo felice, una natura viva e vincente, nuove frontiere spaziali, diritti e libertà illimitati assicurati, ecc. Messaggi generici di ottimismo vincente che convincono poco i pessimisti, più propensi a pensare a un intento di alterazione culturale condotto sotto traccia, funzionale ai fini politici enunciati nel manifesto tecnocratico del WEF: un forte condizionamento che conduca l’umanità ad una uniformità etica e ideologica, all’appiattimento di ogni diversità su un costrutto fluido, regolata da leggi che pretendano di cambiarne la natura abbattendone i limiti (fisici, sessuali) e giuridici, tentando di abbatterne le catene biologiche, suggerendo che tutto possa portare a una trascendenza sulle cui basi costruire un nuovo ordine (governo mondiale) dei “Migliori” trainato dalle tecnologie più estreme e incentrato su un principio di profitto che non risparmia niente e nessuno (pensiamo all’utero in affitto). E sfruttando le “finestre di opportunità” (guerre e pandemie per es.) per ingenerare ansie e paure, confusione e insicurezze. Una strategia dai lati oscuri evidenti se si considerano le componenti filosofiche che sembrano ispirarne i fini.
Quegli accenni alla biotecnologia e alla “fusione delle tecnologie” fanno sospettare tentazioni di transumanesimo: l’eterna utopia della specie umana nell’immortalità, la ricerca del superamento dei limiti naturali con la tecnologia, una mutazione di noi stessi, della nostra natura con interventi genetici sulla nostra fisicità, per vincere la morte. Il futurista Ray Kurzweil ci dice che addirittura già entro fine secolo, l’uomo potrà essere modificato da impianti di vario tipo che dovrebbero permettergli di vivere meglio e più a lungo. Un potenziamento che implica un’ibridazione dell’uomo con le tecnologie, il superamento del vecchio modello di umanità. Le nuove frontiere spaziali richiederanno in effetti mutazioni nella natura umana. Chiediamoci come saranno biologicamente attrezzati i primi coloni stabili sulla Luna o su Marte e come si evolveranno le loro generazioni per viverci. Probabilmente saranno ibridi biotecnologici: una nuova specie “umana”. Progresso.
Si percepiscono in tutto ciò visioni distopiche che sanno di delirio eugenetico, quell’idea di perseguire il perfezionamento dell’essere umano, di creare l’”Essere migliore”, l’Essere perfetto, tramite selezione della specie, di cui forti sostenitori sono la famiglia Gates e i figli Melinda e Bill, stakeholders di Davos. Vestendosi di buonismo, la loro Fondazione, sponsor dell’OMS, finanzia programmi di controllo della popolazione mondiale, di contraccezione, di sterilizzazione delle donne africane, è attiva per la riduzione della natalità, per la pianificazione delle nascite con mezzi artificiali. Il fine dichiarato dell’eugenetica è una società regolata da leggi che determinano la sopravvivenza del più adatto, una società in cui i meno adatti sono destinati alla povertà, all’ignoranza e, alla fine all’estinzione. La modificazione dell’uomo per via tecnologica prefigura dunque la creazione di una razza di “migliori”, una super elite destinata evidentemente a compiti di primo piano in una nuova governance
Se l’eugenetica origina in Inghilterra a fine 1800 da una costola del darwinismo, il transumanesimo è figlio delle allucinazioni New Age dei ricchi “progressisti” della Silicon Valley, alcuni dei quali hanno fondato le più grandi aziende digitali del mondo, che motivano lo sviluppo dell’IA, l’esplorazione spaziale, la robotica, che controllano l’accesso ai dati. I nomi più conosciuti sono Jeff Bezos (Amazon), Elon Musk (Neuralink), Peter Thiel (Paypal), Sergey Brin e Larry Page (fondatori di Google). In particolare gli Altos labs di Bezos, i Calico Labs di Page e Brin e i Breakout Labs di Thiel studiano come invertire l’invecchiamento umano attraverso la riprogrammazione cellulare (e, in positivo, prevenire le malattie degenerative come l’Alzheimer). Vi sono coinvolti illustri scienziati, anche un Nobel di nicchia estrema. Per tutti costoro l’innovazione tecnologica è un futuro in sintonia con i progetti di Reset.
Figli di una California ricca, progressista in politica, avanzata negli studi scientifici di nicchia e tecnologici, proiettata nel futuro e ottimista, patria del “politicamente corretto”, della “cancel culture”, dell’ideologia gender, ma inquinata sotto pelle dall’antica alienazione della “fine della Frontiera” e dalla ricerca spasmodica di nuove. Patria della hippy generation e della spiritualità New Age, delle mode e delle sette più bizzarre. Come quella che adora l’IA e Mena, una divinità “seme della mente cosmica” che salverà l’umanità. Si chiama Theta Noir e gli adepti cantano codici binari, assorbono energia da forme geometriche, cercano di recuperare ricordi crittografati. Sono convinti che l’IA porterà alla nascita di un “alieno terrestre, autocosciente, il prossimo stadio dell’evoluzione, un uomo-macchina che diventerà milioni se non miliardi di volte più intelligente degli umani e sarà il nuovo Dio”. Theta Noir è una sintesi New Age di movimenti spirituali esistenti e tradizioni occulte. Il loro assunto principale è che la tecnologia e i tecnologi stiano costruendo il mondo nuovo per garantire il PROGRESSO, la loro filosofia prevede “l’imminente singolarità tecnologica”, il punto in cui varie tecnologie e spazi cibernetici come VR, AR e Metaverso si fonderanno con un’Intelligenza Generale Artificiale (AGI) superintelligente e senziente, che sarà fonte di cambiamenti incredibili per l’umanità e per il pianeta.
Delirio californiano? Forse, ma si notino i concetti in comune con il progetto del WEF.
RISCONTRI?
A guardar bene si fa fatica a non trovarne. Qualche riscontro di possibili alterazioni della percezione in effetti è già visibile nella nostra quotidianità, nel confronto con i Millennials. Se per noi adulti le novità tecnologiche sono prevalentemente un genere di consumo e/o un articolo propedeutico alla gestione delle nostre attività, per i ragazzi la tecnologia è un fatto naturale. Cresciuti con videogiochi, smartphones, super eroi e fiction distopiche, ora anche con il metaverso, hanno maggiori rapporti con la realtà virtuale che con l’esperienza empirica, tanto che la vita virtuale per molti prevale su quella reale che viene percepita priva di veri stimoli, e ne rallenta la reattività, stimolando in molti casi l’apatia.
E’ veramente in corso un tentativo di omologazione, di redifinizione di valori, di creare confusione mentale? Se pensiamo alle serie tv che stanno lentamente sostituendo quell’esperienza collettiva che è il cinema, e ai messaggi che trasmettono, i dubbi trovano conferma. Infatti, non si può non riscontrarvi trend permanenti e pervasivi:
a) un fittizio riequilibramento tra i generi che spinge per un’omologazione fittizia dei ruoli che ha poco riscontro nella realtà (tanto meno nei suoi risvolti economici): donne poliziotto, cape e guerriere a fronte di uomini fragili, gregari e gay. Omosessualità quasi immancabile, talvolta con pochi freni (v. Le regole perfette del delitto).
b) uno sdoganamento dell’identità gender, senza barriere, in cui tutto diventa lecito cosi come l’etica dei comportamenti;
c) messaggi confusi: modello Matrix (Dark, Lost, the Oa, 1899), ove si sovrappongono tante realtà apparentemente illogiche, confusionarie di cui ci si aspetta una spiegazione logica finale che non giunge mai, flasback e flashforward continui, senza punti di riferimento convenzionali (cioè rassicurazioni, codici espressivi sperimentati, emozioni forti, sentimenti…), costruzioni che mettono alla prova il bisogno del nostro cervello di mettere in ordine consequenziale i pezzi della narrazione, attori che si somigliano per cui ci si confonde, particolari disseminati apparentemente a caso che dovrebbero avere un senso sulla lunga distanza ma che si fa comunque fatica a cogliere: tutti elementi che creano confusione, che portano a dubitare della validità della percezione, del ricordo e soprattutto di una verità mancante. Qualcuno dice o scrive che è tutto una moda mediatica, che vale quel che vale. Certamente è anche quella ma sorprende che sia diventata cosi pervasiva e costante da costituire una normalità, quasi un messaggio subliminale per dirci che tutto vale, che ci possiamo abbandonare e ci dobbiamo abituare al nonsenso, a ragionamenti senza logica, senza una base di nozioni reali su cui normalmente dovremmo basare i nostri ragionamenti e la nostra capacità di giudizio. Già offuscata da un torrente di notizie contrastanti dai social in cui la realtà viene distorta dai mille messaggi, più o meno banali o semplicistici, che si contraddicono e spargono fake news. Già ora, come distinguiamo la Verità?
d) Modello Modern Family che dipinge un’ampia famiglia interrazziale e un figlio gay con il suo compagno aggregato in cui la pratica dell’utero in affitto, cioè del profitto applicato alle pratiche procreative, viene sdoganata con grande lievità, corroborata dall’ evidente amore con cui la bambina comunque viene cresciuta (per amore tutto è permesso…e senza regole).
Insomma, un caos mentale e culturale che nella sua sistematicità non sembra casuale ma, sostengono diversi commentatori, che prelude a un nuovo ordine di valori a fondamento di un cambiamento epocale dei rapporti tra classi e individui, o quel che saranno, di una dominance globale sulle nostre menti confuse, di un consolidamento di Pensiero Unico trainato dal controllo dei media. In effetti, è qualcosa che abbiamo già sperimentato ad alti livelli prima con la pandemia, unitamente a strumenti di controllo sociale straordinari, ora con la guerra; la nostra è già una quotidianità dominata dalle versioni quasi identiche delle veline istituzionali in Tv e sui giornali, quasi tutti riferibili a gruppi editoriali mainstream. Sul piano internazionale dominano le grandi corporation e le grandi agenzie che già dirigono le orchestre locali.
Una dominance globale che dovrebbe giovarsi di un rafforzamento del concetto e degli apparati di Sicurezza: dall’11 settembre tutto il mondo ha rafforzato i sistemi e gli apparati militari, intelligence, agenzie private. Di pari passo va l’accentuazione della Segretezza e naturalmente del controllo sociale e poliziesco. Guardando alle rivolte popolari di questi anni, non ultima la “democratica” Francia di oggi, chiediamoci quanti morti, quanti feriti, quanti arresti, quanta violenza bisogna sopportare solo per ottenere ascolto o minimi cambiamenti. L’equilibrio tra le rappresentanze sociali è già cambiato, in peggio. Le cronache mondiali sono zeppe di rivolte popolari e di reparti antisommossa. In Italia sappiamo quanto è diventato difficile protestare senza essere filmati, scortati dalla Digos, attaccati dalla polizia, incarcerati e processati per atti di protesta o di dissenso.
Per quanto riguarda l’Accesso ai dati, tra le maggiori risorse di profitto, siamo già in emergenza. Le banche dati con l’IA si implementano in misura esponenziale, saranno proprietà di pochi e potranno essere usate per il controllo capillare della popolazione.
Quale significato assume in tale contesto il concetto di PROGRESSO?
Che succederà quando – secondo il futurista Ray Kurzweil – i computer raggiungeranno la “singolarità” cioè eguaglieranno l’intelligenza umana ed entro fine secolo la supereranno?
Che potere di conoscenze scientifiche, di risposte spirituali, avrà l’elite che si candida ad essere dominante?
Sono alcune delle domande che dovremmo cominciare a farci.
Cosa può contrastare il Great Reset?
Le contraddizioni del capitalismo. Prima di ogni altra, la Concorrenza. Più di mille persone, scienziati, accademici, filosofi, imprenditori tra cui un Elon Musk apparentemente “pentito” (ma avrà il suo tornaconto…) e il co-fondatore di Apple Steve Wozniak, hanno firmato una lettera aperta con un invito a «mettere in pausa» lo sviluppo di potenti sistemi basati sull’intelligenza artificiale per dare il tempo di garantirne la sicurezza. «I sistemi basati sull’intelligenza artificiale con intelligenza competitiva umana - si legge nella lettera - possono rappresentare seri rischi per la società e l’umanità. Potenti sistemi basati sull’intelligenza artificiale dovrebbero essere sviluppati solo quando saremo sicuri che il loro effetto sarà positivo e i rischi saranno gestibili».
Le barriere giuridico-burocratiche. Non sarà facile superare le opposizioni degli apparati di controllo attuali nei singoli Stati in breve tempo. Proprio in questi giorni l’Autorità italiana per la Privacy ha bloccato Chat GPT.
Concorrenza e eventi straordinari insieme, come la guerra in Ucraina: un imprevisto colpo di scena che interrompe momentaneamente la continuità del progetto perché spezza il fronte del capitalismo finanziario mondiale minacciando di creare un duplicato concorrente nella metà del mondo non dominata dal dollaro e dal sistema corporate a base occidentale. La guerra sta momentaneamente bloccando il Great Reset e rallentandone la realizzazione. Il patto tra Cina, Iran, India e Arabia Saudita, estendibile in prospettiva ai Brics, prefigura un nuovo sistema valutario, un progetto di capitalismo alternativo sganciato dal petrodollaro che si prefigge a medio termine di adottare lo yuan. A maggior ragione, Usa e occidente politico si sono gettati a capofitto a sostenere l Ucraina: la guerra deve essere vinta perché deve prevalere il progetto di trasformazione gestito dalle elite occidentali.
La nostra consapevolezza. E’ nostro compito essere consapevoli di chi sta alimentando il Grande Reset: che siano le case farmaceutiche, che siano le lobby delle armi e dell’aerospazio, che siano quelle della biogenetica, dell’energia o quelle delle grandi opere che inquinano e consumano il suolo, che siano quelle dell’informazione mainstream o quegli anonimi giganti finanziari che speculano sui mercati mondiali, che siano i padroni delle rete e dei nostri dati personali, la risposta rimane: il capitalismo finanziario, che come tutti i poteri ha bisogno di stabilità politica e quindi finanziaria, per portare avanti indisturbato i propri interessi. Tocca a noi creare instabilità, con i nostri comportamenti individuali e collettivi, con la partecipazione attiva, resistendo ai cambiamenti indotti dalla logica del profitto che non possiamo controllare, ai messaggi del Pensiero Unico, al finto progresso di facciata del politicamente corretto e delle mode pilotate, alle politiche dell’inquinamento e della devastazione ambientale. Sviluppiamo la nostra autonomia mentale e il pensiero critico indipendente. Guardiamo il grande scenario che ci sovrasta, non limitiamoci a guardare la nostra piccola realtà. Per dirla semplicemente con Vittorio Arrigoni, ucciso a Gaza dalle forze israeliane, “RESTIAMO UMANI!” (8.4.2023)
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